A Cremolino, tra i filari ordinati della Barbera e il profilo severo del castello, il tempo sembra avere un passo diverso. Non lento, ma giusto. È in questo ritmo antico che si inserisce il gioco delle bocce, che ogni estate ritorna come una liturgia silenziosa.
Ogni pomeriggio, verso le cinque, il campo accanto al circolo “La Collina” si anima. C’è chi arriva in bicicletta, chi a piedi, trascinando le ciabatte nella polvere sottile, chi già con il bicchiere in mano. Il primo a mettere piede sul campo è sempre Gianni, detto “il Maestro”. Ottantatré anni, ex muratore, spalle larghe e occhi che non hanno mai smesso di ridere. Porta con sé una sacca di tela logora con le sue bocce di metallo lucido, che tratta come reliquie.
«La linea della boccia non si spiega, si sente», ripete a chi gli chiede come fa a colpire sempre il boccino con quella precisione chirurgica. Nessuno lo batte da trent’anni, e tutti fingono di non provarci più, anche se ci sperano ogni volta.
Quel giorno, però, accade qualcosa di diverso. Elena, ventidue anni, nipote del vecchio postino, arriva al campo. Capelli raccolti, jeans corti e un sorriso ironico che sa di città. È tornata per l’estate, dopo l’università a Torino. Vede Gianni lanciare e si ferma. Lui, notandola, le lancia una sfida: «Hai mai provato?»
Ride, un po’ imbarazzata. Poi prende in mano una boccia, la sente pesante e viva. Prova. Il lancio è incerto, ma c’è qualcosa di buono nel gesto. Gianni se ne accorge subito.
Nel giro di una settimana, Elena torna ogni giorno. Gli altri la guardano con un misto di sorpresa e tenerezza. Il campo cambia atmosfera: accanto agli anziani, ecco una giovane che ascolta, apprende, sfida. Gianni le insegna a “leggere il terreno”, a capire il vento, a giocare d’anticipo. Le racconta anche del ‘67, quando vinsero il torneo contro gli astigiani “con la luna storta e le scarpe rotte”.
A fine agosto, si organizza una sfida: giovani contro vecchi. La squadra di Gianni contro quella con Elena in testa. Il paese si ferma. La partita è lunga, combattuta, piena di colpi di scena. Alla fine, Elena piazza una boccia millimetrica accanto al boccino. Silenzio. Gianni la guarda, poi sorride. «Hai trovato la tua linea», dice, stringendole la mano.
Quella sera, al circolo, si brinda fino a tardi. Non importa chi ha vinto. È successo qualcosa di più raro: la tradizione è passata di mano, ma senza perdere nulla. Anzi, si è arricchita.